Nel corso degli anni si sono succedute svariate stime circa il costo del downtime, ovvero dell’interruzione dei processi chiave dell’azienda. Per quanto la valutazione dipenda da un caso all’altro, si è soliti menzionare il dato di Gartner, che tempo addietro quantificò in 5.600 dollari al minuto il costo del downtime, riferendosi ovviamente al mercato enterprise.

Per quanto la stima di Gartner possa non corrispondere a ogni realtà aziendale, resta il fatto che la business continuity è la prima necessità che il management deve affrontare e risolvere realizzando e implementando appositi business continuity plan.

In altri termini, se è vero che la continuità operativa può essere minacciata da atti terroristici o terremoti, sono molto più probabili il guasto di un server, l’interruzione della connettività tra l’azienda e il data center, l’assenza di connessione a Internet per l’accesso a strumenti cloud, un ransomware o l’errore umano che spegne una macchina virtuale.


Business Continuity come “somma” di backup e disaster recovery

Nell’area IT, la Business Continuity trova una manifestazione concreta nelle strategie e soluzioni di backup e disaster recovery.

Pur complementari e rispondenti a una finalità analoga, ovvero preservare l’operatività dell’azienda contro eventi avversi, backup e disaster recovery sono fattispecie differenti: la strategia di disaster recovery punta a ripristinare nel minor tempo possibile l’operatività di macchine e infrastrutture a seguito di un evento potenzialmente disruptive (in termini tecnici, si dice che punta a minimizzare l’RTO, Recovery Time Objective), mentre il backup (dei dati, nella fattispecie) punta alla protezione del dato. Non c’è disaster recovery che possa salvare l’azienda dalla cancellazione accidentale dei propri dati, così come non c’è backup (di dati) che possa ripristinare l’operatività di un server. Backup e disaster recovery devono operare in modo sinergico.


Dal Backup dei dati e delle applicazioni, al Backup della connettività

Nell’universo della business continuity, il termine backup ha diverse manifestazioni pratiche: c’è il backup di dati e applicazioni, cui si è fatto cenno, ma anche il backup della connettività, un altro elemento fondante della continuità operativa. Non dimentichiamo, infatti, che la capacità di operare sul mercato dipende dall’accessibilità delle risorse, e senza connettività interna ed esterna all’azienda non c’è modo di operare, di accedere alle piattaforme cloud, ai desktop virtuali, alle soluzioni di smart working.

Otre la capacità di affrontare eventi traumatici interni, legati principalmente alle connessioni LAN, è diventata sempre più centrale l’abilità di saper proteggere la “connessione esterna” da problematiche non direttamente controllabili dall’azienda, fronteggiandole tramite il  backup delle linee, la differenziazione delle tecnologie di collegamento a internet, la ridondanza degli apparati CPE (Customer Premise Equipment) e delle reti di trasporto (WAN) basate su automatismi nell’attivazione dei backup.

L’azienda vuole preservare la continuità del business e quindi chiede connessioni resilienti. L’operatore IT (tipicamente, un system integrator) ha quindi l’onere di attivare partnership con operatori TLC in grado di garantire, in termini infrastrutturali e applicativi, livelli di resilienza adeguati al business dell’azienda. Perché, giova ribadirlo, non c’è nulla di più importante della connettività nel business moderno.

Backup dei dati e delle applicazioni, le nuove tendenze

La nuova tendenza, relativamente ai backup di dati e applicazioni riguarda l’impiego di risorse cloud per via della loro scalabilità, del costo abbordabile e di prestazioni eccellenti. Prestazioni che dipendono dall’infrastruttura del data center del provider e, ancora una volta, dalla connettività, per cui si torna al discorso precedente. Anche in questo caso, ragionando nell’ottica del system integrator, stringere partnership con operatori TLC dotati di un’infrastruttura cloud e di un servizio di backup ha un effetto di semplificazione, estende l’offerta dei servizi ai clienti, dà il beneficio dell’interlocutore unico e garantisce le migliori performance che si traducono in SLA sfidanti.


Disaster Recovery e il ruolo del cloud

Backup e disaster recovery vivono in sinergia. Anche quest’ultimo ha una connessione molto forte con il cloud, tanto più che i vari hyperscaler (AWS, Google, Microsoft, IBM…) offrono servizi di disaster recovery fondati sull’elasticità del cloud, sulle sue prestazioni, sul modello as-a-service e, soprattutto, su un’infrastruttura geograficamente molto estesa. I pilastri del disaster recovery, infatti, sono la replica continua di dati e applicazioni tra due o più data center (sulla base di RTO e RPO definiti) e la separazione fisica tra gli stessi, di modo tale che l’evento avverso (es, l’interruzione della fornitura energetica) non si propaghi su entrambi.

Oggi, una soluzione di disaster recovery ben progettata e implementata, può azzerare l’RTO, ovvero il downtime, cosa auspicabile per molti processi critici. Si pensi ai pagamenti, all’accesso all’eCommerce o alla comunicazione voce. Affinché ciò accada, sono necessarie competenze specialistiche da parte di chi progetta la soluzione e, ancora una volta, un’infrastruttura impeccabile sotto il profilo prestazionale, sia a livello di risorse computazionali e di storage, sia di rete. Poiché basta che uno solo di questi elementi non sia all’altezza degli indicatori RPO e RTO definiti nel piano di continuità operativa per impedire o condizionare negativamente l’accesso alle risorse su cui si basa il business, con conseguenze economiche e reputazionali.